6.01.2003

La morditita

Donde prefieres que te dea una mordidita, mamy?
En la cosita, en la cosita!
Donde tu quieres que te dea una mordidita, linda?
En la cosita, en la cosita!
(Dove preferisci che ti dia una morsicatina, bella?
Nella cosina, nella cosina!)
Comincia così una delle canzoni, che i cubani cantano tutti in coro, nella discoteca di J.Carlos dove vado con lui in calesse tre volte la settimana.
Una sorta di palafitta al chiuso con due videos, una terrazza all’aperto piuttosto spoglia che da sugli spalti del rodeo, il bar ed un angolo dove vendono polpette e patatine che prepariamo tutti insieme nel pomeriggio.
Nelle giornate di giovedì, venerdì e domenica tutti siamo coinvolti, dalle prime ore del mattino a preparare quello che dovrà essere la nostra notte in discoteca sino alle 4 del mattino seguente.
Campano intere famiglie attorno a quella discoteca: due ragazzi al bar, quello che mette la musica, il butta dentro, la signora che pulisce i pavimenti ed i tavoli, quello che vende i bicchieri, quello che vende i piatti, quello che procura il ghiaccio, la mia amica incaricata del vino, del ron, della menta e tanti altri perché a Colon non è facile far funzionare qualche cosa che non assomiglia neppure lontanamente ad uno dei nostri locali e sto parlando di qualche cosa che non è ne descrivibile, ne immaginabile.
Io vado li e mi sento giovane, bella, fresca, piena di vita, piena di idee, sana, riposata. Il ron scende nello stomaco senza intaccare il fegato, non ho il fegato quando sono a Colon o perlomeno il mio fegato fa finta di niente e mi lascia in pace anche il giorno dopo. L’alcool scende ed esce dai pori quasi contemporaneamente senza lasciare traccia nelle mie tempie la mattina dopo. Non penso alla decadenza, spariscono le occhiaie, la pelle rifiorisce e ho solo pensieri positivi. Dormo poco per non perdere tutto quello che succede in casa durante la giornata.
Leggerò seduta sui dondoli del portale domani, mi dico ogni sera prima di addormentarmi, ma pur alzandomi prestissimo vedo arrivare mezzogiorno senza aver sfogliato neppure una pagina dei tre libri che mi sono portata per sicurezza contro la noia. Passa più gente in quella casa in un giorno che in un anno a casa mia a Torino.
La fragilità che nascondo, non senza fatica, dietro la scorza di donna che sa quello che vuole, qui nel mio paese, sparisce e non mi servono ne giorni ne ore per entrare in sintonia con quel luogo, mi basta girare l’angolo entrare in casa e posare la valigia in quella che da anni è ormai la mia camera. Cosa ci faccio qui??????