Per te
Hola mi amor, mi vida, cariño,
comincerebbe così qualsiasi lettera che giungesse da un uomo o da una donna da quel sud America con influenza africana che sono CUBA, BRASILE, COLOMBIA, per finire con un TE QUIERO sparato lì alla fine in mezzo ad una riga bianca.
E noi europei, abitanti di questa vecchia Europa, primo mondo nell’economia e decadenza di sentimenti, ci ritroviamo, di fronte a queste parole con un nervo scoperto che duole, duole, accidenti come duole.
Pensiamo a quattro sporchi giorni già vissuti ad altrettanti quattro ancora da vivere e quel nervo duole ancora di più.
Diventiamo addirittura filosofi, in occasioni come queste, la filosofia, che abbiamo abbandonato nella vita collettiva per coltivarla dentro di noi, ripescata nei grandi silenzi che ci regala la vita, da soli, sulla più alta piramide di TIKAL un mattino alle cinque, mentre intorno a me si svegliava la foresta, scambiata in quel momento per vicinanza a Dio, irrompe nella nostra esistenza a ricordarci che il paradiso è anche qui, che la vita è una unica e irripetibile e che non potremo presentarci di fronte a Dio (ove mai esistesse) per dirgli che il dono più grande che ci ha fatto lo abbiamo buttato ai rovi e la teologia della liberazione in questi casi aiuta a capire ciò che la nostra Chiesa ci ha spiegato troppo poco o ci ha addirittura nascosto.
Salutare, acqua pura che ci sgorga addosso, linfa vitale, sangue nuovo e più rosso che ci fa capire che sotto questo nostro cervello esiste un corpo e nel corpo le vene e sulle vene la pelle e sulla pelle i peli.
Chi non ha un attimo di sbandamento di fronte a questo non è degno di chiamarsi persona.
Ringraziamo ognuno il proprio creatore per averci regalato tanto.
Ed è qui che diventiamo egoisti e non sappiamo trasmettere ciò che di bello e puro ci è arrivato gratis e senza scambio da quei popoli. E’ qui che la paura di aver toppato ci frena nel regalare queste emozioni a coloro i quali non hanno neppure sensazione di questo. In queste occasioni siamo piccoli, normali, presuntuosi, incapaci, stupidi e stupiti, increduli che a parole si possa trasmettere tanto. Nessuno ci ha insegnato come si fa. Se io potessi dirti quanta emozione mi hai trasmesso in questi mesi, quanta tenerezza, le tue poche parole così convincenti da farmi sentire così piccola nei sentimenti, così sprovveduta nell’affrontarli, così impreparata alla lontananza, così piena di bene nei tuoi confronti, sarei Latinoamerica e non Europea.
Serìamos os mesmos se soubèssemos o que nos espera para là do espaço e do tempo? Saremmo gli stessi se sapessimo ciò che ci aspetta aldilà dello spazio e del tempo?